Ho conosciuto Ezio Marlier, è eccezionale sia come persona che come guida; abbiamo fatto un paio di uscite insieme e poi mi ha proposto di andare ad aprire una cresta; l’idea mi ha subito tanto affascinata quanto intimorita perché si trattava di un tracciato completamente sconosciuto, mai percorso da nessuno.
Partiti in auto da Aosta, prendiamo la statale verso Gignod e poi deviamo verso Valpelline; sopra Oyace, a Dzovennoz svoltiamo a sinistra per Ruz dove seguiamo l’indicazione per il rifugio Crête Sèche e saliamo fino all’alpeggio Berrié. Ci incamminiamo verso nord nella Comba di Vertsan e oltre Chardonney cominciamo a risalire verso destra il ripido pendio alla base del Mont de Charmontane fino all’attacco della cresta. Ci divertiamo a costruire un ometto nel punto più visibile, quindi ci prepariamo per la scalata e partiamo.
Ho difficoltà a descrivere la via perché è una cresta molto omogenea e piuttosto lunga; infatti è un continuo susseguirsi di:
sali, scendi un pelino, scali facili placche, continua su e giù in cresta, disarrampichi sul versante ovest, percorri la cengia esposta, tengono queste lame?, ritorni in cresta e sali una guglia, due metri di calata fino all’intaglio, scendi ancora sul lato sinistro, risali il diedro in ombra, aggiri il masso e sei di nuovo in cresta, uno sguardo a quanto già fatto … impressionante …, percorri un tratto affilato, scendi qualche metro e in spaccata ti ribalti sul versante opposto, sali un tratto ripido fino a una punta, calata in doppia al colletto, piove? ho sentito due gocce … via … non possiamo indugiare, continui a scendere sul versante destro al sole, risali per sfasciumi e rocce rotte, continui a salire tra enormi blocchi grigi, un’occhiata a destra … si passa di qua? no proviamo a sinistra, risali il canalone su rocce instabili, ritorni sulla cresta aerea, scali una placconata fessurata, siamo a buon punto ma è ancora lunga …, risali a fatica un ripido e stretto canalino strisciando sulle pareti, afferri una lama orizzontale molto atletica ed esposta, traversi su una cengetta, la pendenza diminuisce, dovremmo essere quasi al colle, ancora qualche spuntone ma più facile, sì una pietraia di grossi massi e arriviamo in cima, beh in realtà non si tratta di una punta vera e propria bensì di una vasta pietraia di grossi massi
Ci concediamo qualche minuto per le foto di rito e poi ci apprestiamo per la discesa sul versante opposto lungo il ripido pendio che in breve ci porta sul pianoro del Plan de Marmottin nella Comba de la Tsa. Tratti in piano si alternano a risalti erbosi da scendere con una certa prudenza soprattutto sui sassi instabili della pietraia. In basso traversiamo verso destra fino ai paravalanghe dove ci immettiamo sul sentiero 3 che in breve ci riporta a chiudere l’anello al Berrié.
È stata una gita grandiosa, per me un’esperienza completamente nuova.
La salita è stata costantemente permeata dall’incertezza della sua riuscita in quanto si trattava di una via nuova non solo per me ma anche per Ezio.
Ogni tratto percorso era una conquista, ogni spuntone superato era un successo.
Gli innumerevoli tiri lungo il ripetitivo avvicendarsi di guglie, cenge, calate, placche e diedri sono sempre stati pervasi dal mistero e dall’incognita del se e del come avremmo superato la difficoltà successiva e questo ha dato alla scalata ancora più adrenalina e fascino.
L’arrampicata si mantiene sempre ad un discreto livello di difficoltà e presenta anche alcuni passaggi più impegnativi; i tratti affilati e la grande esposizione rendono la scalata interessante e intrigante; la via relativamente lunga è sempre varia e richiede sempre la massima concentrazione; la roccia che è risultata essere abbastanza sana offre una scalata divertente e alcuni passaggi atletici; la gita si svolge in un ambiente tanto selvaggio quanto affascinante, facilmente e velocemente raggiungibile e senza l’ausilio di rifugi o impianti.